martedì 18 ottobre 2016

Il paese al bivio






Dentro la crisi del Ciad

Le elezioni truccate di aprile hanno riconfermato al potere Idriss Deby, dopo 26 anni di regno incontrastato. Il paese si trovava ad un bivio. Quale strada scegliere? La certezza della conferma dei soliti noti o l’ardua speranza del nuovo?
Il popolo con il voto aveva espresso la volontà del cambiamento. Ma la macchina del fango e delle frodi nazionale ed internazionale, con complicità evidenti di Francia e Stati Uniti, hanno dissolto la speranza. E così adesso la crisi economica fa sentire gli artigli: i proventi del petrolio dilapidati dalla famiglia presidenziale non sono più disponibili e il Ciad è a terra. Niente più soldi per gli insegnanti e inevitabili ritardi nei pagamenti proprio alla ripresa della scuola, tagli draconiani alle autorità politiche, amministrative e tradizionali (era ora!), soppressione delle borse agli studenti.  Così si rischia la bomba sociale: i sindacati in rivolta, le scuole e Università chiuse che rischiano un “anno in bianco”, manifestazioni represse con la violenza (un morto e diversi feriti nella capitale), macchine bruciate e assalto con le pietre sui politici, malcontento dei commercianti che sentono come il denaro non circola. Ad oggi tutte le manifestazioni sono vietate.
Il presidente prova a chiedere a tutti un sacrificio dicendo che ora è il tempo delle “vacche magre” ma nessuno gli crede perché nel suo entourage il pascolo è assicurato! Nasconde il fallimento finanziario della sua politica che cerca di tenersi buoni i parenti stretti “zaghawa” l’etnia al potere. Loro che hanno case al nord piene di contanti e bigliettoni di cui non sanno cosa fare. Di tanto in tanto li portano in banca con sacchi sporchi che in passato avevano ospitato arachidi e miglio. Lo Stato arranca e gli alti funzionari hanno conti in paradisi fiscali bien gonfi.
E ancora il presidente prova a giustificarsi dicendo che sono troppe le spese per le spedizioni militari. Ma non spiega con chiarezza che quelle missioni sono finanziate in gran parte dalla comunità internazionale e sono per lui strategiche in quanto gli assicurano il potere dei grandi (Francia e Stati Uniti in testa) che non hanno alzato né il dito né la voce sul risultato elettorale evidentemente rubato. Li alzano solo laddove i loro interessi sono toccati. Alla faccia della democrazia e della libertà tanto declamate.
Ancora Deby e il suo gruppo ristretto ha provato a forzare il colpo con le banche: alcune hanno pagato in anticipo i salari ai funzionari dello Stato senza avere i rimborsi da più di sette mesi. Così il sistema bancario rischia il collasso.
I ribelli rialzano la testa al nord e all’est approfittando della debolezza dell’economia ciadiana. Così il presidente si prepara a sferrare nuovi attacchi contro di loro. E altre spese scorrono nel grande fiume della crisi ciadiana.
Il bivio che manovre truffaldine hanno tolto con le elezioni si ripresenta con forza: da che parte andare? Dalla parte della menzogna, della ruberia collettiva dei proventi dello Stato o dalla parte di un lento, durissimo ma necessario cambiamento?
Credo ancora e nonostante tutto, non nelle autorità corrotte,  ma in Dio e nel popolo ciadiano. Credo che l’alternativa stia sbocciando dal basso. Con enorme fatica, con rivendicazioni a volte violente. Ma il Ciad non può permettersi altri bivi. E’ tempo di voltare davvero pagina. Il popolo ha fame di miglio ma anche di verità, pace e giustizia.
Che il Dio della vita ci doni il coraggio di scegliere davvero la strada della vita al bivio ciadiano.

4 commenti:

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