lunedì 8 ottobre 2012

Le vene aperte dell'Africa





Basta accendere la radio al mattino e senti scorrere il sangue per le strade d’Africa. In agosto la polizia sudafricana ha aperto il fuoco sui minatori che scioperavano pacificamente a Marikana: 34morti! Scioperi a oltranza si sono susseguiti fino al raggiungimento dell’aumento dei salari. Senza poi contare la beffa dei licenziamenti. Solite multinazionali che mettono prima il profitto dell’uomo!

Da qualche anno ormai la Nigeria è sconvolta dagli attacchi di Boko Haram contro tutto ciò che è cristiano, occidentale, istituzionale. Lo Stato reagisce con gli stessi metodi feroci e sanguinari. Ieri a Damaturu sono state trucidate 30 persone sospettate di appartenere al gruppo terroristico.

In Mali si prepara da settimane l’intervento militare congiunto di diversi paesi africani per liberare il Nord finito da ormai più di cinque mesi nelle mani dei ribelli Tuareg e degli islamisti. Mettersi a combattere nel deserto è una roba folle (come se la guerra, in qualunque condizione non lo fosse già!!). Ma evidentemente c’è qualcuno che guarda solo al suo interesse di bottega.

Intanto in Kenya, alle soglie delle elezioni, già si fanno le prove della guerra interna. Quella che seminò il panico nel 2007 con più di mille morti. Politici spregiudicati seminano violenza allo scopo di guadagnare qualche voto puntando dritto sull’istinto del potere e dei soldi. E già si contano i primi morti.
Nella zona del Kivu, ad est della Repubblica democratica del Congo, non si fermano le esecuzioni di massa, gli stupri e i saccheggi da parte del movimento M23, un gruppo di ribelli appoggiati dal vicino Ruanda. Il quale vuole seminare disordine e panico per mettere tranquillamente le mani sullo “scandalo ecologico” congolese (oro, diamanti, bauxite, coltan, tungsteno, rame).

Nella Somalia, che prova a rimettersi in piedi con l’attesa elezione del nuovo presidente, si spara ancora. Le milizie islamiste Al Shabab, che controllano gran parte dei territori del sud, non sembrano arrendersi alla ferma volontà del presidente di rimettere ordine al paese. Continuano gli attentati in tutto il paese e recentemente diversi giornalisti liberi sono stati fatti fuori.

Nella Libia del dopo Gheddafi non c’è ancora pace. Anzi caos totale. Tante armi in circolazione, teste calde e sete di potere. Conflitti intercomunitari si riscontrano soprattutto al sud.

Ma non è solo sangue che scorre. Esiste anche una speranza che va oltre le previsioni: i due Sudan che mettono fine ai reciproci attacchi, il Senegal che si rimette in piedi dopo le elezioni, il Ciad dove non si sente più parlare di ribelli da un anno e mezzo (clamoroso!).

Non solo sangue allora. Anche Speranza che scorre con i piedi ben per terra. Nonostante i 400 uomini più ricchi degli Stati Uniti posseggano una ricchezza globale superiore a tutta l’Africa subsahariana. Il sangue viene proprio da questi abissi. Da un ingiustizia strutturale che affama e schiavizza. E che fa male al cuore.
Quando sarà – cantava Guccini – che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare?

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